PSICOGENEALOGIA 4 - Effetto Zeigarnik - Segreti di famiglia

Pubblicato il da Maura Saita Ravizza

PSICOGENEALOGIA 4 - Effetto Zeigarnik - Segreti di famiglia

Effetto Zeigarnik

Buma Zeigarnik (1901/1988) ha condotto degli studi e delle ricerche sul fenomeno della maggiore memorizzazione di un incarico se esso non si è concluso. I risultati dei suoi esperimenti hanno evidenziato che il desiderio di realizzazione di un “compito” crea una motivazione che resta insoddisfatta se questo non è stato portato a termine. Questa "ansia di completamento" è la ragione per cui la psiche ricorda più a lungo un incarico che non è stato realizzato di uno che è stato completato. L'effetto Zeigarnik è pertanto la tendenza a ricordare maggiormente un’incombenza quando la sua esecuzione è stato interrotta.

È una spiegazione alle ripetizioni transgenerazionali: nell'inconscio familiare si mantengono nella memoria collettiva i compiti non conclusi come i traumi non elaborati, i lutti non risolti, i non-detti e i segreti.[1]

[1] A. Ancelin Schützenberger, Psychogénéalogie, Payot, 2007, p. 61

Segreti di famiglia

Molti studiosi si sono interessati ai segreti transgenerazionali (tra più generazioni) e intergenerazionali (tra genitori e figli). Nicolas Abraham e Maria Torok, Anne Ancelin Schutzenberger, Marie Anaut, Boris Cyrulnik, Serge Tisseron e molti altri hanno evidenziato le difficoltà che i segreti di famiglia creano ai discendenti.[1]

Abraham e Torok : La lacuna e il malessere che un tale segreto lascia nella comunicazione producono un doppio effetto opposto: da un lato il divieto di sapere e dall'altro di indurre l'inchiesta inconscia. In questo modo la persona "ossessionata" si trova imprigionata tra due movimenti: rispettare, costi quello che costi, l'ignoranza del segreto, da cui la sua apparente incoscienza, ma anche togliere il segreto, da cui la ricostruzione di questo in sapere inconscio.[2]

Anne Ancelin Schützenberger afferma che i segreti a cui siamo confrontati sono sempre gli stessi: il furto, l'incesto, gli internamenti in ospedale psichiatrico o in prigione, i fallimenti con frode o senza frode, i matrimoni precedenti, i figli naturali e i figli non riconosciuti, gli abusi sessuali, l'omicidio o il fatto di discendere da qualcuno che ha ucciso. Li definisce segreti di Pulcinella perché sono facilmente smascherabili e in realtà già tutti sanno che cosa si nasconde: è sufficiente, secondo lei, fare le giuste domande (chi? che cosa? quando? dove? come?) per fare in modo che il segreto sia rivelato.[3]

C'è una cattiva abitudine nelle famiglie che è di credere che sia possibile mantenere un segreto e che tutto quello che è triste non bisogna dirlo. Così non si portano i bambini ai funerali, non gli si dice della morte del nonno o della nonna. Gli si nasconde tutto quello che è triste e quello che si nasconde ai bambini loro lo cercano appassionatamente. Lo cercano e lo immaginano molto peggio di quello che è.[4]

Serge Tisseron, psicologo, psichiatra e psicanalista francese ha indagato particolarmente i segreti di famiglia:

"Ogni segreto familiare, qualsiasi siano le eccellenti intenzioni che lo guidano, è sempre sentito come una violenza dal bambino. Una violenza che non dimenticherà mai e che inciderà profondamente sull'insieme della sua vita psichica e, per contraccolpo, sulla sua vita professionale, amorosa e sociale"[5]

Doris e Lise Langlois psicoterapeute e formatrici canadesi spiegano che: Il segreto non si trasmette solamente con delle parole. È trasmesso in modo sensoriale, come del resto tutto il bagaglio transgenerazionale. Esso si tradisce attraverso certe intonazioni del portatore, certi suoi gesti, l'uso di parole incongrue o inusuali o anche dagli oggetti con i quali si circonda.[6]

Marie Anaut, professore di psicologia all’università di Lione , ha particolarmente studiato l’impatto dei segreti riguardanti la propria origine:

I segreti sulla filiazione (origine) possono essere vissuti dall'individuo come degli strappi, dei vuoti ingiusti e ingiustificabili nel proprio albero genealogico: sono accompagnati alcune volte da un sentimento di amputazione e di attentato alla propria integrità psichica attraverso la mancanza di conoscenza della propria identità troncata [7]

Il suicidio di uno dei due genitori, secondo uno studio di Michel Tousignant ed Esther Ehrensaft del dipartimento di Psicologia del Québec, è uno dei traumi peggiori che possa vivere un bambino o un adolescente. Si tratta di un abbandono a cui il figlio non riesce a dare un senso.

Il segreto o il rifiuto di dare un senso all'evento traumatico può avere delle ripercussioni molto profonde sulla resilienza del bambino. Se viene escluso dalla verità, ciò rafforzerà ancora di più il sentimento di ripulsa associato al suicidio del genitore e contribuirà a minare definitivamente la fiducia negli altri che è già stata messa a dura prova.[8]

Boris Cyrulnik, psichiatra e psicanalista francese uno dei massimi esperti mondiali della resilienza :

Il genitore ferito diventa una base di insicurezza: ci si sente male al contatto con chi si ama. Il sentimento di appartenenza è impossibile quando s’ignora la storia di chi tace. Si è vicini a lui, senza parole, angosciati dal mormorio dei fantasmi.

Il figlio privato della storia coerente delle sue origini, ignora da dove viene e quali sono i riti e i valori della sua famiglia. Non può né si adattare né rispondere in modo coerente a una vaga informazione, un mormorio, un oggetto misterioso che evoca non si sa cosa, un fantasma certamente.

Io appartengo a non so cosa, avrei amato avere una storia per sapere da dove vengo, quello che valgo e quello che voglio (...) È quando il padre muore che il figlio pensa: “se sapeste quanto rimpiango di non avere mai fatto delle domande![9]


[1] M. Saita Ravizza, Psicogenealogia e segreti di famiglia, Mursia editore, 2015

[2] N. Abraham, Le fantôme d'Hamlet, L'écorce et le noyau, p.448

[3] Colloque Avignon 05/05/2011

[4] A. Ancelin Schützenberger, Colloque, D'une génération à l'autre: secrets, répétitions, transmission et résilience, Avignon, 2011

[5] S. Tisseron, Secrets de famille, p.18

[6] D. Langlois, L. Langlois, Psychogénéalogie, p. 250

[7] M.Anaut, Soigner la famille, p. 159

[8] M. Tousignant, E. Ehrensaft, La resilienza tramite la ricostruzione del senso, Costruire la resilienza, p. 191

[9] B. Cyrulnik, prefazione del libro di Marie-Laure Balas-Aubignat, La face cachée des fantômes des descendants de la Shoah, L’Harmattan, 2011

Maura Saita Ravizza

Propongo sedute individuali di psicogenealogia e costellazioni psicogenealogiche a Torino nel mio studio di via Gropello (vicino alla stazione di Porta Susa e al metro Principi D'Acaja)

 Per informazioni: maura.saita@libero.it

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