Intervista per Etica-Mente
“Ci sono nella vostra famiglia date di morte o di nascita che si ripetono nelle generazioni?”
I commenti sono stati più di mille e leggerli è stato molto arricchente. Abbiamo così voluto approfondire la tematica con Maura Saita Ravizza, Psicoanalista clinica attestata IEPA, Trainer olistico ed auditor SIAF, scrittrice esperta in psicogenealogia.
Lei si occupa di formazioni di Psicogenealogia junghiana e Costellazioni psicogenealogiche presso il suo studio di Torino. Ha scritto anche alcuni libri sul tema che vi consigliamo di leggere: “Jung, psicogenealogia e costellazioni familiari. Inconscio collettivo e sincronicità”, “Psicogenealogia junghiana. Storie di famiglia”, “Psicogenealogia e segreti di famiglia: Progetto senso e resilienza”, Psicogenealogia e atti simbolici”
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Maura spiegarci brevemente che cos’è la psicogenealogia?
La psicogenealogia è un metodo di analisi e comprensione della storia di famiglia su più generazioni.
Dopo la Seconda guerra mondiale si è verificato una enorme rimozione collettiva riguardante anche le storie personali e le conseguenze le viviamo ancora oggi: le persone non volevano più ricordare un passato di miseria e sofferenza, si voleva solo guardare in avanti e per questo non si sono più raccontate le storie di famiglia.
Ancora oggi spesso le persone che cercano di ricostruire quello che è successo nel passato della famiglia si trovano a combattere con anziani che rifiutano in modo più o meno manifesto di raccontare. “Il passato è passato”, “cosa vai cercando, è inutile”, “non c’è niente da raccontare”, queste sono le frasi tipiche della rimozione familiare.
“(…) più rifiutiamo l’idea secondo la quale noi siamo il prodotto di una storia familiare, più ci condanniamo a restarne prigionieri. Un lavoro (…) è spesso necessario per districare le numerose ripetizioni dovute al passato familiare, per affrancarcene e diventare più liberi delle nostre scelte e dei nostri atti1”
Le persone intuiscono che sono gli eredi nel bene come nel male degli antenati e, ora più che mai, il vuoto lasciato dalla mancanza di racconti sulle proprie radici si fa sentire. Quindi attraverso la psicogenealogia cercano di comprendere quello che è successo nel passato che è ancora attivo nel loro presente.
Si parla di compiti non conclusi degli antenati che i discendenti sono incaricati di concludere.
Anne Ancelin Schützenberger2 ha riproposto gli studi di Buma Zegernic che hanno dimostrato che nella psiche umana un compito che non è stato concluso resta in memoria più a lungo di uno terminato perché quando qualcosa resta in sospeso si crea una tensione al completamento che provoca ansia fino a che non si “chiude il cerchio”.
Questo è valido anche a livello transgenerazionale: quello che i nostri antenati hanno lasciato in sospeso come i traumi e i lutti non elaborati ma anche le ingiustizie che hanno fatto per cui non c’è stata riparazione, restano nella memoria familiare e si esprimono con varie difficoltà nei discendenti.
Per esempio, può accadere che il fallimento economico di un nonno o un bisnonno (fallimento con dolo, cioè per il quale l’antenato non ha pagato i debiti pur potendolo fare) sia un’ingiustizia che resta nella memoria familiare e che possa venire agita dai discendenti con difficoltà economiche di vario tipo e autosabotaggi economici.
Le colpe dei padri ricadono sui figli per 7 generazioni, dice la Bibbia, e in tempi più recenti se ne sono resi conto alcuni psicoanalisti e studiosi, tra cui Anne Ancelin Schützenberger e Alejandro Jodorowsky, che negli anni ‘80, contemporaneamente, hanno creato questo neologismo, Psicogenealogia, per identificare un metodo utile a comprendere e ad aiutare le persone che portano i non risolti degli antenati.
Anne Ancelin Schützenberger, psicologa, psicanalista freudiana, psicodrammatista e Alessandro Jodorosky sciamano, tarottologo, personaggio carismatico, due persone diverse e due metodi diversi; Anne Ancelin analitica, cartesiana, utilizzava il lavoro grafico sul genogramma per raccontare il romanzo familiare; Alejandro Jodorowsky scopre l’importanza degli atti simbolici, che lui ha chiamato atti psicomagici, utili per comunicare con l’inconscio attraverso il suo linguaggio.
L’inconscio collettivo e familiare proposto da Jung può essere considerata la spiegazione al ripetersi di eventi e difficoltà nelle generazioni: lo studioso svizzero ha ipotizzato l’esistenza nella nostra psiche di una parte inconscia dove sono custoditi anche i ricordi dei nostri antenati. Questa ipotesi è stata ripresa in tempi recenti da un biologo inglese, Rupert Sheldrake3, che ha parlato di campi morfici, campi di energia che si sviluppano intorno agli esseri viventi e, come i campi quantici, vanno al di là del tempo e dello spazio e hanno una memoria collettiva.
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Quando in una famiglia si ripetono date di nascita, di morte e di incidenti cosa vuol dire?
L’ipotesi della Psicogenealogia è che l’inconscio familiare facendo nascere qualcuno in un anniversario, cioè in una data prossima a quella di nascita o di morte di un antenato, riveli il bisogno di evidenziare qualcosa che è successo nel passato che deve essere ancora ricordato.
Alcune volte può essere qualcuno che si è sacrificato ed è stato ingiustamente dimenticato: accade che le persone scoprano un antenato morto durante la Prima o la Seconda guerra mondiale guardando nel sito del Ministero della Difesa nella pagina dei caduti e dispersi. La famiglia non ha più parlato di lui perché la sofferenza era molta ma in questo modo non ha elaborato il lutto e il morto non è stato giustamente onorato e ricordato.
Oppure la data può riguardare un antenato o un’antenata che ha subito un’ingiustizia da un nostro ascendente diretto (genitori, nonni, bisnonni, ecc.) e la data in comune ricorda al sistema familiare tramite il discendente che non è stato chiesto scusa per l’ingiustizia e non si è riparato in nessun modo.
O ancora, qualcuno è stato escluso dalla famiglia e la persona che nasce in una data anniversario con lui ha il compito di includerlo di nuovo per riportare equilibrio al sistema familiare. Si parla in questi casi di bambino di sostituzione (un nuovo nato che prende il posto dell’escluso alla nascita per proiezione transgenerazionale4) o addirittura di un Gisant secondo la teoria di Salomon Sellam5 qualcuno che nella sua vita ha il compito di reincarnare la persona la cui morte tragica ha creato un trauma così forte che la famiglia non ha mai potuto superarlo.
Le date in psicogenealogia sono molto importanti perché l’inconscio familiare facendo nascere una persona in una certa data sta cercando di risolvere qualcosa che nel passato non è stato sciolto e che ripropone dando a qualcuno l’incarico di riportare conciliazione e stabilità alla famiglia.
Negli Stati Uniti Josephine Hilgard negli anni ‘60 ha effettuato uno studio sistematico dei ricoveri in due ospedali psichiatrici californiani e ha rilevato delle coincidenze “statisticamente significative” tra l’età del padre o della madre quando ha perso un genitore (morte, internamento psichiatrico) e l’età del figlio o figlia al momento della crisi psicotica. Ha chiamato i disturbi dovuti a queste ripetizioni, sindrome di anniversario.
Rilievi simili sono stati effettuati da Monique Bydlowski, psichiatra, psicanalista e ricercatrice dell’Iserm, Istituto nazionale delle statistiche francese, che ha notato come spesso le nascite sono in correlazione con delle date significanti nella storia familiare.
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Come sciogliere un nodo familiare che si manifesta attraverso la ripetizione di date?
Gli atti simbolici hanno la funzione di comunicare al nostro inconscio e a tutto il campo morfico il nostro desiderio di cambiamento.
Gli studi sui sogni a partire da Freud hanno evidenziato che l’inconscio parla attraverso simboli e, se vogliamo comunicare con lui, dobbiamo usare il suo linguaggio che è analogico, immaginale, metaforico.
Per esempio, quando in una famiglia non si è elaborato il lutto di un membro a causa di una morte tragica e improvvisa un modo per fare un’elaborazione simbolica è dedicare una lettera al morto in cui lo si ricorda e si esprime il dispiacere per la sua partenza. L’elaborazione del lutto passa attraverso la sofferenza per la perdita6 ma alcune volte il dolore è così devastante che la famiglia rimuove la disperazione lasciandola in un limbo psichico ma in questo modo non si riesce mai a trasformarla in altro. Dunque, non si parla mai della persona morta, ci si tiene occupati con altro, e non si elabora mai l’evento che alcune volte da non-detto, non-raccontato diventa un vero e proprio segreto.
Anne Ancelin Schutzenberger dice che quello che non si esprime si imprime e può essere poi messo in evidenza con la nascita di qualcuno in anniversario per data (giorno e mese) o per decennio, ventennio, ecc. o addirittura cent’anni dopo il fatto luttuoso. Al discendente viene dato in questo modo l’incarico di ricordare questo “non concluso” (il lutto) degli antenati.
Un altro atto simbolico potrebbe essere dedicargli un disegno, piantare un albero per lui, ecc. tutti dei modi per celebrarlo.
Queste azioni simboliche valgono anche per le persone che per varie ragioni sono state escluse dalla storia familiare come le persone internate in manicomio, quelle che si sono ammalate di malattie considerate vergognose come la TBC (perché malattia dei poveri), ma anche i diversi per cui si provava vergogna perché condannati dalla morale dell’epoca, come gli omosessuali, le donne che avevano avuto figli fuori dal matrimonio o che si rifiutavano di vivere con mariti violenti.
I discendenti che portano con la loro data di nascita (o per quella di concepimento) il ricordo di questi antenati, devono onorarli inserendoli nell’albero psicogenealogico della famiglia e scusarsi sinceramente se l’ingiustizia è stata causata dai comuni antenati. Le persone in sindrome di anniversario sentono generalmente un senso di sollievo quando “fanno qualcosa” per questi avi.
Gli atti simbolici che propongo, a differenza di quelli di Jodorowsky, sono azioni che chiunque può fare: non penso che proporre atti estremi come seppellirsi in un bosco nella terra per una notte sia utile, anzi, penso che queste richieste possano creare delle resistenze che possono allontanare le persone dal trovare soluzioni al loro problema.
Il primo atto simbolico per onorare gli antenati è invece ritrovarli, cercare le loro date, iscriverli nell’albero genealogico comune dando a ognuno di essi il posto che gli è dovuto nella famiglia.
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Anche il nome che portiamo può essere rivelatore di una dinamica familiare del passato?
Attribuire un nome al proprio figlio o alla propria figlia non è assolutamente un atto gratuito: questa scelta, cosciente o meno, è l’incrocio di tutta una serie di proiezioni e di affetti, di desideri inappagati, di aspirazioni inconfessate o al contrario di preferenze chiaramente espresse.7